"I see dead people" ovvero Amore o Tumore II - la Vendetta


Amore o tumore? This is the question.
Again.

L'amletico interrogativo che aveva già allietato due indimenticabili episodi di Grey's anatomy è diventato ora il fulcro dell'intera quinta stagione. Perché non sfruttare al massimo uno spunto così piacevole? devono essersi chiesti gli sceneggiatori.

Amore o tumore, dunque.
E quello che ci chiediamo davanti alle allucinazioni di Izzie: la dottoressa Stevens non solo vede ovunque il suo defunto fidanzato, ma si intrattiene con lui in quotidiane conversazioni e bollenti notti. Un caso di estremo stress post traumatico o qualcosa di più grave? Ha le visioni perché è ancora innamorata di Dennis o perché ha un tumore al cervello?

La risposta dipenderà, suppongo dal rinnovo del contratto dell'attrice. Se Katherine Heigl ottiene l'aumento, è amore. Se riceve un'offerta migliore, è tumore.

In entrambi i casi sarà una lagna. Nel consueto stile Izzie Stevens.


Si affaccia anche una terza possibilità: la Heigl ottiene tutto, l'aumento e uno spinoff tutto suo, da protagonista.
Per lanciarlo, un bel (si fa per dire) crossover con Ghost Whisper. Già me lo immagino: in un lacrimosissimo doppio episodio, l'altrettanto lagnosa Melinda aiutera la nostra beniamina a liberarsi del suo fantasma. Ma solo dopo una gioiosa uscita a quattro con i loro fidanzati morti.
Dopodiché Izzie sarà matura per avviare un'attività paranormale tutta sua... all'interno del Seattle Grace! Quale posto migliore di un ospedale per avvistare fantasmi?

Tutti i pazienti che i suoi colleghi non riusciranno a salvare, passeranno nelle cure post mortem di di Izzie che con la sua sensibilità li aiuterà a trovare la strada per l'aldilà.

Titolo provvisorio dello spinoff: Grace Whisperer.

O è meglio Ghost anatomy?

Vivere e, soprattutto, morire, poco a poco, a Los Angeles


"Specialissimo, imperdibile, eccezziunale crossover Grey's Anatomy/Private Practice!" annunciava il messaggio pubblicitario alla fine dell ultimo episodio di Grey's anatomy. Ora, tanto incredibile non mi sembra visto che il secondo telefilm e' uno spinoff del primo. Non e' che stiamo parlando di Magnum P.I. che incontra la Signora Fletcher (e' successo!) o di Maciste contro Dracula (e' successo?).


Comunque, per l'occasione, ho deciso di infrangere il mio proponimento di molti mesi fa e tornare a vedere per una volta Private Practice. Dopo poci minuti mi sono ricordata del perche' avevo preso quella sana decisione: è un telefilm noioso. E, di fondo, molto squallido.

Deve essere per l'odore acre della sfiga che aleggia su tutti i protagonisti.
Persistente come la cappa di smog sul cielo di Los Angeles.


Non che i loro colleghi del Grace Hospital siano la personificazione della gioia di vivere, anzi... diaciamolo, sono una massa di frustrati: gente sola, senza alcun amico al di fuori dell ospedale, che si relaziona con i familiari solo quando questi finiscono, appunto, in ospedale (e poi, spesso, al cimitero), tutti con una rara collezione di storie sentimentali naufragate e un assortimento incredibile di turbe mentali, accomunati però da un inflessibile stakanovismo calvinista.

Eppure, nonostante tutto questo, sono affezionata ad ognuno di loro. Continuo, mio malgrado, ad appassionarmi alle loro vicende. E' forse qualcosa di morboso e malato che mi attrae, ma si tratta nondimeno di un'attrazione irresistibile, un vizio che crea dipendenza.
Insomma, il telefilm funziona.


Ma con Addison & Co. e' tutta un'altra storia... I protagonisti sono altrattanto sfigati degli allegri chirurghi di Seattle, ma lo sono in modo cosi' poco interessante!
La serie e' forse troppo realistica nel ritrarre la vita di questi quarantenni single, vedovi o divorziati, che lavorano in un banalissimo studio medico con tutti i banalissimi problemi di gestione connessi. Non sembrano avere grandi sogni, ne' molta speranza. La loro vita sembra gia' finita da tempo, prima dell'inizio del telefilm, con il divorzio o la morte del coniuge.
Sono un po' come i vecchietti che vanno ad appassire al caldo della Florida. O come gli immigrati di LA descritti da John Fante : "disperati che vengono a morire al sole".
Ed e' una lenta agonia.