Risposte ai problemi della vita, # 12

"I don't think I've ever been to an appointment in my life where I wanted the other guy to show up".

George Costanza, Seinfeld

La vita, lo squalo e tutto quanto. Memorie e delirio della solita telespettatrice


Stamattina facendo colazione davanti a Happy Days ho rivisto la famosa scena del salto dello squalo, la prodezza acrobatica di Fonzie che anni dopo sarebbe diventata sinonimo di decadimento di un telefilm-perdita di credibilità-inizio parabola discendente.

Scena che mi era rimasta impressa da quando,
piccolissima, l'avevo vista la prima volta... ma per la ragione opposta: "WOW! Fonzie è così fico che salta uno squalo!".
Ma anche a 5 anni mi ero resa conto che qualcosa in quel telefilm non andava più, perché un paio di scene dopo Richie rifiuta un ingaggio a Hollywood per andare all'Università... Ah!
Vabbè lo squalo, ma questa non se la beve neanche un bambino.
Non solo: Richie è incoraggiato a questa scelta nientemeno che da Fonzie che dopo il salto non è più lo stesso e infatti di lì a poco si riduce a fare il papà moralista di Chachi -
l'outsider è integrato, il sistema colpisce ancora.

Insomma, mi sa che da piccola avevo già capito le cose che contano nella vita... e nella finzione. Cosa è accettabile e cosa non lo è.
Saltare uno squalo? Se po' ffa. Rifiutare fama e ricchezza nello showbusiness? Non prendeteci in giro (almeno non voi: sceneggiatori, attori e producer di Hollywood).

Chiudo quindi con alcune parole di saggezza, parafrasando (nientemeno che) il Vangelo, con la celebre parabola del cammello e della cruna dell'ago:
"E' più facile che un Fonzie salti uno squalo che un ragazzo rifiuti un ingaggio a Hollywood". Amen.