Occhio alla penna! Jenji Kohan

La rubrica sugli autori dei telefilm, prematuramente scomparsa dopo poco più di un anno di vita, uccisa dalla Crisi e rimpianta dai suoi amici più cari, si chiude come era iniziata: con una delle poche autrici donne. Go girls!


Ecco l'ultimo dei pezzi scritti per TFM e, per mia distrazione, ancora non riproposti sul blog.
Pubblicato su Telefilm Magazine n°51, maggio 2009, rubrica "Occhio alla penna"

Non si fanno preferenze tra fratelli qui a TFM, così dopo aver dedicato la rubrica del mese scorso a David Kohan, ora è il turno di Jenji, sua sorella.

Benché figlia d’arte, l'ultima dei Kohan si guadagna il successo lavorando sodo... fin da piccola: con una mamma scrittrice e un papà commediografo, le cene in famiglia sono sempre una palestra per affinare lo humour. “Le risate non erano concesse facilmente. Le battute sulle funzioni corporali poi, seppure divertenti, erano squalificate perché troppo facili!”.

Anche nella carriera, nessuna scorciatoia: il suo 1° lavoro nello show business consiste in caffè e fotocopie. Poi riesce a entrare nel team di scrittori de Il principe di Bel Air, Una mamma per amica, Innamorati pazzi, Sex and the city.

Ma il traguardo è ancora lontano: Jenji propone ben 15 piloti prima di realizzare finalmente un telefilm tutto suo. E’ Weeds (2005-in onda), dimostrazione del suo talento e della sua perseveranza.
"Suburban widow. Pot-dealing mom": così lo presenta nel pitch ai dirigenti di Showtime. Non esattamente un progetto facile da vendere! Ma Jenji ama i personaggi imperfetti, quelli che commettono errori. Non crede nelle divisioni nette in buoni e cattivi, bianco e nero, perché “la gente reale tende a collocarsi nel mezzo”. Ed è per questo che il grande pubblico si riconosce subito nell’America suburbana di questo “show sulle zone grigie”.

Chiudiamo con la classifica dei premi di famiglia: ancora imbattuto papà Buz con 11 Emmy, solo 1 a testa per i figli, Jenji e David, ma tante nomination… continuate così ragazzi, ce la potete fare!

Occhio alla penna! Ricky Gervais

Ho ritrovato, sparsi nel mio pc, un paio di pezzi scritti per TFM, e già pubblicati da un pezzo, che avevo dimenticato di proporre sul blog. Ecco il primo.
Pubblicato su Telefilm Magazine n° 45, novembre 2008, rubrica "Occhio alla penna"

Negli ultimi anni la TV americana ha avuto un re inglese. E' Ricky Gervais, sceneggiatore, attore, produttore e comico del Berkshire che nel 2005 vanta ben 3 show in onda contemporaneamente nella patria dei telefilm.
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Il successo per lui arriva tardi. Con una laurea in filosofia e un breve passato da popsinger, Gervais lavora come manager per una radio londinese. Tentato dall'emozione del microfono, si ritaglia uno spazio notturno che ottiene altissimi ascolti; lo affianca il suo assistente Stephen Merchant, partner artistico di molte future creazioni. I due vanno tuttora in onda ogni domenica.
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La vena comica dimostrata on line e l'esperienza di lavoro manageriale si traducono in The Office (2001-03) miniserie che la coppia scrive e dirige insieme per la BBC: un mockumentary sulla vita quotidiana degli impiegati di un ufficio nei sobborghi di Londra. Gervais da vita al protagonista, l'insopportabile, indimenticabile Brent, vera icona televisiva. E' il più grande successo della TV britannica di tutti i tempi: esportato in 80 paesi, vanta una versione tedesca, canadese, brasiliana e infine una americana per la NBC (2005-08), acclamatissima, di cui Gervais è guida creativa e produttore esecutivo.
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Il commediografo inglese colleziona premi ai due lati dell'oceano. E' ormai una star. Così, con l'amico di sempre, scrive e dirige Extras (2005-07), per BBC e HBO, satira sulla cultura della celebrità, i suoi eccessi, le sue frustrazioni; il tutto visto attraverso un aspirante attore costretto a fare la comparsa, interpretato, naturalmente, da lui stesso. La serie è anche uno sguardo ironico sulla TV inglese e le sue peggiori sitcom. I commediografi che Gervais più ammira, infatti, sono americani: Larry David (Seinfeld), Mitchell Hurwitz (Arrested Development) e tutto il team creativo dietro I Simpson, “il più grande traguardo raggiunto dall'uomo dopo lo sbarco sulla luna”. L'ammirazione è reciproca e Gervais è l'unico comico inglese a fare da guest star nello show, ma soprattutto l'unico ospite a scrivere personalmente il proprio episodio: è “Homer, this is your wife”, record di audience nel Regno Unito.

La sua comicità nasce dalla satira sociale, dallo sguardo impietoso sulle goffaggini, i passi falsi, le meschinità del comportamento umano. Vanità, finzione, disperata voglia di riconoscimento accomunano i suoi antieroi, così divertenti e al tempo stesso penosi da guardare. Gervais la definisce “commedia dell'imbarazzo, con buone dosi di ego e disperazione”. Per un inglese, spiega, non c'è niente di peggio della pubblica ver-gogna.

Entourage.L'esame di coscienza di una telespettatrice edonista

Cosa fareste, o avreste fatto, se a 25 anni il vostro migliore amico fosse diventato una star del cinema e vi portasse con sé a vivere alla grande a Hollywood?

Io, sicuramente a quest'ora non sarei laureata, avrei un viso riposato e abbronzato, un guardaroba e una cineteca molto più grandi, album delle vacanze più numerosi ed esotici, un cuoco indiano personale, un principio di alcolismo e un vago ricordo del mondo prima di mezzogiorno.

In fondo i quattro protagonisti di Entourage, tra una festa in piscina e una scappata a Las Vegas, si comportano decisamente bene: ogni mattina preparano la colazione tutti insieme e mangiano in modo sano, partecipano regolarmente alle riunioni con l'agente e malgrado la villa di Marlon Brando, le sneaker di lusso, l'home theatre, i compleanni sullo yacht e altre esotici modi di spendere soldi, riescono ad evitare la bancarotta. Si ricordano anche di lavorare. Ci tengono, persino. Wow!

Tutto sommato, sotto la patina glamour, il linguaggio non proprio oxfordiano, (le espressioni più ricorrenti "fuckin' moron" e "douchebag"), l'ossessione per le belle ragazze ("pussy"), Entourage è un telefilm educativo!


Risposte ai problemi della vita, # 24

"Nobody's happy in this town except for the losers. Look at me. I'm miserable. That's why I'm rich".

Ari Gold, Entourage

La solita telespettatrice contro i soliti stereotipi sessisti


Il cinema è in maggioranza scritto da uomini. Non stupisce quindi che i protagonisti siano per lo più uomini. Alle donne spesso non resta che fare le coprotagoniste, in genere in ruoli di amanti, mogli o madri.

Mi piace pensare che la TV in questi ultimi anni si sia spinta più avanti, regalandoci non solo una grande quantità di protagoniste femminili ma anche una grande varietà di ruoli... Intendo la TV americana dei telefilm, non quella italiana fatta di tette, culi ed Elisa di Rivombrosa.



Flash Forward, però, almeno per ora, fa eccezione. Anzi, in queste primissime puntate sembra applicare alla perfezione la trita formula della coprotagonista. Mentre gli uomini si vedono, nel futuro, mentre svolgono il loro lavoro o compiono azioni importanti, le visioni delle donne le relegano nei tradizionali, stereotipati ruoli di mogli e madri.
Le visioni dei personaggi femminili li definiscono non in base alle loro azioni o alla professione ma in base alle relazioni con gli altri personaggi
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Olivia si vede in casa, in sottoveste, chiama " amore" un uomo diverso da suo marito.
Zoey vede il suo matrimonio da favola alle Hawaii.
Janis si vede incinta mentre fa eun'ecografia che le rivela che aspetta una bambina.
Felicia si vede mentre rimbocca le coperte a un bambino che la chiama "mamma".
E vai con gli stereotipi: la donna si realizza principalmente nelle relazioni interpersonali, il suo scopo nella vita è sposarsi e avere dei figli, ha sempre bisogno di un'altra persona che dia un senso alla sua esistenza, bla bla bla...

Riepilogando: 2 neomamme e 2 neo mogli o amanti, questo riserva il futuro alle donne. Mentre il mondo, lì fuori, si avvia verso la catastrofe.

Cougar! La telespettatrice si confronta con ragazze madri, vedove e panterone suburbane.

Un vicino playboy e sarcastico.
Un'assistente con un fisico da maggiorata e un cervello da minorata.
Una vicina irresistibilmente stronza, tiranna col marito e spietata con l'assistente di cui sopra.

Un sexy fidanzato di vent'anni più giovane.
Un ex marito sempre a torso nudo che sembra uscito da un video dei Bon Jovi anni '80, che vive in una barca in un parcheggio e gira su una golf car.
E, per finire, un figlio miracolosamente equilibrato, ironico e paziente.

Fin qui tutto bene. Improbabile, certo. Assurdo, sicuro. Ma in un teleflm funziona. E fa ridere. Allora
cosa manca? Cos'è che mi trattiene dall'amare con abbandono questo Cougar Town, come già, per esempio, Una mamma per amica o Weeds? La protagonista.


Jules Cobb è un personaggio comico, parla troppo, colleziona figuracce, è un po' nevrotica, un po' sfigata, un po' fissata. L'attrice che la interpreta deve essere impeccabile nelle parti comiche e sexy quanto basta da rendere credibile la sua trasformazione in cougar, cioè, nel gergo americano, panterona in caccia di giovani prede.

Courtney Cox è credibile come quarantenne sexy ma non come quarantenne goffa, pasticciona e in lotta con lo scorrere del tempo. E' troppo perfetta, troppo in linea, ha i lineamenti scolpiti, non ha un etto di troppo anzi è secca come solo un'attrice hollywoodiana, ed è uguale con trucco e senza trucco (il che rovina svariate battute in proposito nel corso del telefilm). Gli stessi ingredienti che la rendevano perfetta come algida spietata direttrice della rivista scandalistica in Dirt.


Certo, anche Lauren Graham alias Lorelai Gilmore era decisamente più bella della ragazza madre media americana, così come Mary Louise Parker alias Nancy Botwin è più attraente della vedova suburbana media.
Ma riuscivano nel miracolo: noi spettatrici ci identificavamo in loro. E' un'alchimia rara fatta di tempi comici e physique du role. Courtney non mi sembra avere nessuno dei due.
Forse l'ex collega di Friends, Jennifer Aniston, srebbe stata una scelta più azzeccata. A proposito, ma che fine ha fatto?

Lame Rotanti! Cartoon giapponesi alla radio svizzera

Non perdete le 16 puntate di Lame Rotanti - Cartoni animati... da buone intenzioni! Con l'incredibile coppia Lucrezia Corti & Elisa Manca. Rete Uno, Radio Svizzera.

Il principe alieno e il principe dei mostri, il maiale sulla palma e il villaggio pinguino, orfanelli sfigatissimi e calciatori dal piede d'acciaio, robot tettute e tenniste masochiste, travestiti alla corte del re e piccole spacciatrici nell'Olimpo, ladri sexy e pirati gentiluomini, dischi volanti e poppanti volanti, l'alabarda spaziale e il servizio supersonico, il raggio protonico e la goccia di ciclone...

Non sono sotto acido, sto solo rievocando la mia infanzia... Ok, anche così suona male.... Riproviamo: sto rievocando i mitici cartoni giapponesi degli anni '70 e '80, quelli con cui tanti di noi sono scresciuti... male, forse? Beh, poteva andare peggio! Perché quegli anime ci hanno sempre fatto sognare, riflettere, spaventare e ridere fino alle lacrime; ci hanno insegnato il valore dell'amicizia, dell'impegno, della pace; ci hanno aperto mondi fantastici e fatto vedere con nuovi occhi il nostro; hanno mostrato che l'infanzia ha i suoi drammi e vanno rispettati e che i bambini spesso sono più saggi degli adulti; ci hanno fatto innamorare di eroi così affacinanti che dopo trent'anni non li abbiamo ancora dimenticati.

Link per il podcast:
http://www.rsi.ch/podcast/

Buon ascolto!

Ciriciao gente!!!