Occhio alla penna! Bryan Fuller



Pubblicato su Telefilm Magazine n° 44, ottobre 2008, rubrica "Occhio alla penna"


La carriera di sceneggiatore di Bryan Fuller è casuale quanto folgorante e il suo nome è associato a molte serie cult degli ultimi anni. Per la geniale creatività, la predilezione per il fantastico, la personalissima poetica, è visto da alcuni come il nuovo Joss Whedon.


Fan accanito di Star Trek, un bel giorno si rende conto di averne afferrato i meccanismi narrativi e invia uno spec script alla produzione. Il suo primo tentativo è apprezzato e il giovane Bryan è chiamato a scrivere per Deep Space 9 e Voyager, suoi miti di sempre. E' il 1997: alla scuola di Star Trek, Fuller impara i trucchi del mestiere. Poi procede per la sua strada.

Da suoi concept originali nascono Dead like me (2003-04), Wonderfalls (2004), Pushing daisies (2007). Scrive il TV movie di Carrie (2002), dal bestseller di Stephen King. E' executive producer e sceneggiatore del pilot di The amazing screw-on head (2006), progetto di serie d'animazione tratta dal fumetto di Mike Mignola, e della stagione 1 di Heroes (2006-07), per cui si prende carico del personaggio di Claire, la cheerleader.


Un'originalissima vena macabra distingue tutte le creazioni di Fuller. I protagonisti dei suoi show sono per lo più... morti. Sono tornati magicamente in vita, o incaricati di traghettare le anime dei morituri, o zombie; non a caso la sua casa di produzione si chiama The Living Dead Guy. Temi ricorrenti sono gli interrogativi filosofici sulla vita dopo la morte e sul destino di ognuno nell'universo, uniti a una forte spiritualità, il tutto sempre condito da irresistibile humour nero.

La sua carriera è costellata da aspre battaglie con i network. Si batte contro i bassi budget a disposizione e, gay dichiarato, contro i pregiudizi dei vertici che l'ostacolano nella rappresentazione dell'omosessualità. Poco incline al compromesso, abbandona Dead a metà della 1° stagione (nelle successive il personaggio gay diventa etero), mentre Wonderfalls riceve un prematuro stop dopo solo 5 episodi, anche a causa di una controversa scena d'amore lesbo (esce in DVD ridimensionato a miniserie in 13 capitoli). Fuller non lascia invece Heroes, anche se viene tagliata la parte in cui Zach rivela la sua omosessualità.

Finalmente il favore del pubblico e il riconoscimento della critica si uniscono alla piena libertà creativa con Pushing Daisies, nominato a 12 Emmy e ora alla 2° stagione. Qui i temi a lui più cari si mescolano a un'innocente vena romantica, enfatizzata dagli iperrealisti décor anni '50, dando vita a un inedito, fiabesco connubio di eros e thanathos.



Always look at the bright side of life...


Se non avete visto gli ultimi episodi di Grey's Anatomy e siete ancora preda dell'angoscioso, amletico interrogativo "Amore o Tumore?", potete state tranquilli. Jack era veramente innamorato di Mary. Non la ha sposata solo perché la malattia ha modificato il suo comportamento.

Ebbene si: era amore, non tumore.
Ma poi lui muore.
E' l'ottimismo stile Grey's anatomy.

Mi ricorda una vecchia vignetta di Matt Groening:
"Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?"
"Mezzo pieno. Ma c'è una mosca dentro".


La Vita Noiosa di una Teenager Americana


La vita segreta di una tenager americana non parla di una ragazzina con una doppia identità. Scordatevi Kim Possible, agente segreto part time, o Annah Montana, pop star in incognito. Amy non ha nessuna eccitante doppia vita. Ne ha una sola. E terribilmente noiosa.

Mentre l'Italia è il paese con il piu' alto numero di mamme over 40, negli Usa vanno di moda le ragazze madri. Così, sulla scia di Juno, ecco Amy, un'altra liceale incinta. Amy è la protagonista della serie della ABC e la vita segreta del titolo è quella nel suo utero.
Uno spunto comunque interessante per un teendrama: inedito e, chissà, forse anche un po' piccante. Così ho deciso di guardare i primi episodi, scegliendo di dimenticare l'handicap di base della serie: l'autrice è Brenda Hampton, mamma del fastidioso, bigottissimo, moralista Settimo cielo. Mi sono detta che bisogna liberarsi dei pregiudizi per per apprezzare tutto quello che di buono la TV (e la vita) ha da offrirci, che la signora Hampton è una professionista e saprà il fatto suo e che magari, dico magari, avrà anche avuto voglia di dare una svolta alla sua carriera e alla sua immagine cambiando registro.

Il mio slancio ottimista e pro-pari opportunità è stato duramente punito già al secondo episodio.

Questi teenager parlano, si dicono che si amano, si prendono per mano, si perdonano, poi lo raccontano agli amici.
Persino Happy days era più eccitante.
OC
poi in confronto era Quarto potere.

Ho passato la serata guradando un gruppetto di adolescenti fare quelle cose insignificanti che tutti gli adolescenti fanno nelle giornate più banali e meno memorabili della loro vita. Mi ha fatto sentire guardona e un po' pedofila.

Poi, il brusco risveglio: dopo i titoli di coda, che ho guardato solo perché ormai totalmente inebetita, è apparso a tutto schermo il logo gigante "BRENDAVISION". E mi sono ricordata del mio sano scetticismo iniziale. Dei miei saggi pregiudizi... Delle immortali parole di Homer Simpson: "Ci hai provato e hai miseramente fallito. La lezione è: non provare mai".

Risposte ai problemi della vita, # 16

"If you don't like your job you don't strike. You just go in every day and do it really half-assed. That's the American way"

Homer Simpson, The Simpsons

Scoop! La Fonte Segreta della Vita Segreta della Teenager Americana


Nel primo episodio di Vita segreta di una teenager americana, facciamo la conoscenza di Amy e di un gruppetto di studenti della Grant High le cui vite si intrecciano con quella della protagonista. Scopriamo i loro segreti, i sogni, i punti deboli...

Non deve essere stato difficile per l'autrice, Brenda Hampton, presentarci tanti personaggi in soli 20 minuti... perché, in un certo senso, li conoscevamo tutti: Amy, Grace, Jack & Co. sono l'incarnazione dei più triti stereotipi della fauna scolastica americana, già visti e rivisti in mille film e telefilm.


C'è la bella della scuola, naturalmente bionda, naturalmente fidanzata con il capitano della squadra di football, il classico bravo ragazzo americano, appena un po' tontolone. Il loro amore è totalmente puro e non è mai stato "consumato", perché lei vuole aspettare il matrimonio. Mentre lui è combattuto tra il ruolo di boyfriend sensibile e il richiamo degli ormoni.

C'è la ninfetta tentatrice, una che sembra aver sbagliato telefilm perché si comporta come una navigata mangiauomini in un thriller di serie B.

Poi c'è il teenager un po' sfigato ma che capisci subito che, quando daranno le giuste istruzioni a costumisti e parrucchieri, non sarà poi così male. Il teenager è ossessionato dal perdere la verginità. La prescelta è la brava ragazza che suona l'oboe nella banda della scuola. Ma la giovane musicista non è ingenua come sembra e, all'insaputa di tutti, ha già fatto sesso proprio al campeggio della banda.

Solo un episodio eppure mi sembra di conoscerli da sempre...
Un momento, io li conosco davvero: questi non sono solo stereotipi, sono esattamente i personaggi di American Pie!!!

Il dubbio amletico di una telespettatrice perseguitata da telefilm deprimenti

Amore o tumore? This is the question.

L'amletico dubbio era al centro dell'ultimo episodio di Grey's Anatomy, positivo e solare come sempre. La disgraziata di turno si chiedeva se il suo matrimonio lampo con un giovanotto, bello, ricco e simpatico fosse frutto dell'amore a prima vista o di un tumore al cervello che spingeva lui a decisioni impulsive.

Mentre la poveretta si dibatteva nell'angosciosa incertezza, e nuovi scenari di depressione si schiudevano all'orizzonte, un altro inquietante interrogativo si faceva strada e io mi chiedevo, in posa plastica e con un teschio in mano:

meglio essere o non essere spettatori di Grey's Anatomy?

L'ultima perversione del Dottor Troy


Ogni telespettatore di Nip/Tuck è abituato ad aspettarsi il peggio dal Dottor Troy.

Lo abbiamo già visto tradire le sue donne, il figlio, il migliore amico, fare sesso davanti a un vecchio moribondo, prostituirsi per diletto, gettare cadaveri nelle paludi. E non abbiamo battuto ciglio.

Ma questo è troppo. C'è un limite alla perversione, un confine che non andrebbe superato.
Nell'episodio di lunedì scorso Troy è diventato
repubblicano!


Giovedì gnocchi, martedì trippa, lunedì trash.


Dopo una lunga giornata nel mondo reale, non c'è niente di meglio che rilassarsi, sospendere l'incredulità, spegnere il il senso critico davanti a un bel telefilm trash. Soprattutto se è lunedì. Ecco perché non perdo mai l'appuntamento settimanale con Nip/Tuck.

Dopo il delizioso filone narrativo della scorsa stagione sulla simpatica gerontofila Michelle, il suo capo gangster faccia-di-Frankestein e il loro racket di reni espiantati al malcapitato di turno, era difficile trovare qualcosa di altrettanto disgustoso/esilarante, eppure...

Non ho seguito il telefilm dai suoi inizi, se non sporadicamente, quindi non ho intenzione di giudicare l'intera serie. Non so se ci sono state metamorfosi o derive rispetto alle prime stagioni. Se ha avuto momenti migliori o se è nato proprio così. Non mi importa. Mi limiterò, vostro onore, a esporre i fatti. Questo è ciò che ho visto negli ultimi 3 lunedì.

Kimber lascia Sean e inizia una relazione lesbica con un'attraente bionda. La figlia adolescente della bionda, provocante puttanella in divisa scolastica, popola i sogni di Sean da quando lui le ricostruisce l'imene.

Il dottor Troy, dopo tutta la fatica per affermarsi come chirurgo a Los Angeles, inizia, un po' per caso, poi ci prende gusto, a prostituirsi con ricche vecchiette. Poi, all'insaputa del suo socio e miglior amico che ancora la ama, va a letto con Kimber ma ne è subito scaricato: pare non abbia retto il confronto con la bionda sexy. Sedotto e abbandonato, è anche ricattato dalla puttanella che li ha filmati e minaccia di mostrare tutto a Sean. Lui la zittisce garantendole una fornitura vitalizia di ansiolitici e farmaci per dimagrire. Poi la fa passare per drogata e internare in un centro di disintossicazione.

Quel disgraziato di Matt, il figlio degenere, già sposato con la regina del porno e membro della chiesa di scientology, è ora tossicomane. Come lui, la moglie e , ben presto, la figlia neonata, costantemente avvolta com'è da una nuvola di crack.

Sean, family man, sta per sposarsi con un'attrice dipendente dai lassativi che, durante una romantica serata, abbiamo visto inondargli di diarrea la vasca a idromassagio. Lui scaccia questa immagine dai suoi ricordi concentrandosi ancora di più sulla puttanella (noi telespettatori invece non ci riusciremo mai). L'attrice, non sapendo si tratta di una studentessa reale, impersona la fantasia dell'amante vestendosi da scolaretta sexy. Lui le chiede quale sia la sua fantasia. Proprio quel giorno arriva a farsi operare un aitante nero con unghie di donna conficcate nella schiena e spiega di far parte di un club di scambisti in cui bei giovanotti neri scopano donne bianche sovrappeso di mezza età sotto gli occhi eccitati dei loro mariti cornuti. L'attrice incontinente, anche nota nel telefilm come "sparamerda", decide che quella è la sua fantasia. Vanno al club ma Sean, cornuto da sempre, non lo trova così eccitante.

Il momento più bello: Matt è sul set di un film porno gay dove, per 5000 dollari da spendere al più presto in droga e omogenizzati, si farà "sverginare" da un fusto grosso il doppio di lui; la moglie accorre per farlo desistere, lui le risponde "Volevo solo essere un buon padre di famiglia".
Sublime.
Cose così ti svoltano la serata.

Risposte ai problemi della vita, # 15

"Well, my theory on death is: first you're whisked down a long, dark tunnel towards a beautiful dark light, you suddenly get all the jokes you never got before, you let out a little chuckle and then you die"

Daphne Moon, Frasier

Occhio alla penna! Aaron Sorkin


Pubblicato su Telefilm Magazine n° 43, settembre 2008, rubrica "Occhio alla penna"

Prima di affermarsi come versatile autore di teatro, cinema e TV, Aaron Sorkin era un aspirante attore. Ma, come molti prima di lui, trovava lavoro più dietro il bancone che sul palco. Cameriere frustrato, inizia a scrivere casualmente, buttando giù appunti sui tovaglioli di carta del bar; poi passa la notte a riordinarli. Risultato, a 28 anni è un attore fallito ma ha 3 drammi di successo nel circuito off Broadway. Uno di questi approda al cinema con un cast all-star: è Codice d'onore.
L'ascesa hollywoodiana prosegue con Malice e Il presidente. Una storia d'amore. Per lavorare a quest'ultimo si rinchiude 2 anni in un hotel di LA. Ne esce con uno script esagerato, lungo 385 pagine, poi faticosamente ridimensionato alle canoniche 120.
Il materiale scartato non va sprecato: Aaron se ne serve per dar vita una serie TV centrata sulla Casa Bianca: West wing (1999-2006). E’ il suo 2° telefilm, dopo l'esordio sul piccolo schermo con Sports night (1998-2000) ispirato alle trasmissioni sportive che gli tenevano compagnia durante il suo ritiro nell'hotel.
West Wing è un trionfo: premiatissimo, già alla 1° stagione colleziona 9 Emmy. Così Sorkin, genio creativo istintivo, privo di metodo e disciplina, si trova a gestire 2 serie contemporaneamente. Lo stress lo trascina nella dipendenza da alcool e droghe. E’ arrestato in aeroporto con crack e funghi allucinogeni nella valigia. Anni dopo, uscito dal tunnel, esorcizza le pressioni dello show business con un serial sulla TV in diretta: Studio 60 (2007-08).

Tutti telefilm di Sorkin esplorano cosa avviene dietro le quinte di mondi esclusivi: l’industria dello spettacolo, le stanze del potere. Tutti hanno al centro una squadra affiatata di professionisti... molto loquaci: a Sorkin piace parlare, tanto, e questo si riflette nei suoi personaggi. “Qualcuno mi ha detto che scrivo come se fossi sempre al primo appuntamento con una ragazza.”
Conversazioni velocissime, battute ad effetto e monologhi memorabili sono il suo marchio di fabbrica. Per questo è stato chiamato a supervisionare i dialoghi di Schindler's list, Bullworth, Nemico pubblico. "Non ho storie da raccontare. Davvero. Ciò che amo è il suono e la musica del dialogo. Ecco cosa mi piace scrivere".
Il suo approccio creativo rispecchia l'irruenza e la spontaneità del parlato: poco a suo agio con plot strutturati, Sorkin non delinea l’arco narrativo delle sue serie ma segue l’ispirazione del momento. E questa non gli manca certo: per West Wing ha scritto 87 episodi in 4 anni. Più che prolifico… logorroico!

Occhio alla penna! Bill Lawrence



Pubblicato su Telefilm Magazine n° 42, luglio 2008, rubrica "Occhio alla penna"

A 39 anni, Bill Lawrence vanta un'intensa ed eterogenea carriera di sceneggiatore TV. Inizia giovanissimo e in grande stile: scrive per La Tata, poi entra nel team creativo di Friends. A soli 26 anni, firma la sua prima serie: è Spin City, con Michael J. Fox, un successo replicato per ben 6 stagioni. Da quel momento, lavorerà solo su progetti suoi, tracciando un percorso molto personale. Si allontana sempre più dai trionfi mainstream degli esordi e dal format tradizionale della sitcom, per giocare liberamente con i generi, ideando concept più innovativi, ma più rischiosi.


Nel 2001 crea per la NBC Scrubs, inedito mix di medical e commedia con un tocco surreale: la serie diventa subito un cult e, malgrado gli ascolti non altissimi, resiste tutt'ora in onda, alla sua 7° stagione. Lawrence sa conquistare, con la sua originalità, uno zoccolo duro di fan fedelissimi, “i miei nerd”, che lo sostengono in barba alle rigide leggi dei grandi numeri seguite dai network. Ogni anno Scrubs sembra sul punto di essere cancellata e la sua inaspettata longevità sorprende lo stesso Bill. Non sempre però il miracolo si ripete. L'ultima sua creatura, Nobody's watching (2006), passa alla storia come il fallimento di maggior successo della TV. Il progetto è ambizioso: un mockumentary su due ragazzi che vogliono ideare una sitcom. Il pilota è rifiutato dalla WB, ma diventa un fenomeno del web: grazie a Youtube acquista enorme popolarità e attira l'attenzione della critica specializzata che ne auspica, invano, la produzione.


Altro cult fuori dagli schemi è Clone High (2002-03), bizzarra serie animata su un immaginario liceo popolato dai cloni di personaggi famosi, da JFK a Cleopatra, risultato di un esperimento top secret del governo Usa per oscuri piani militari.


Lawrence è un grande fan dei Simpson e le sue creazioni hanno molto in comune con il celebre cartoon: il mix di generi e la loro parodia, l'accumulazione di gag e riferimenti culturali, le continue divagazioni mentali dei protagonisti. Per Bill, il difficile non è scrivere ma tagliare, tenere a freno la sua fantasia: si tratta di spingere al massimo sul pedale della comicità, ma senza mai oltrepassare la linea oltre la quale i personaggi non risulterebbero più credibili in situazioni drammatiche.


Volete conoscerlo meglio? Bill è sposato con l'attrice Christa Miller, meglio nota come Jordan, l'ex signora Cox. Quanto a lui, lo si vede spesso passare sullo sfondo nel Sacred Heart Hospital: aguzzate la vista!

Occhio alla penna! Darren Star

Pubblicato su Telefilm Magazine n° 41, giugno 2008, rubrica "Occhio alla penna"

Darren Star è l'autore di alcuni dei telefilm più amati degli ultimi 20 anni. E' il suo 1° script per il cinema, Galeotti sul pianeta terra, ad aprirgli le porte della TV: grazie a questa commedia adolescenziale, nel '90 è chiamato dalla Fox a ideare un teendrama per il celebre producer Aaron Spelling. Star pensa a due bravi ragazzi del Minnesota catapultati nella LA più glamour. Nasce Beverly Hills 90210 e con il suo facile appeal diventa il fenomeno televisivo del decennio. In un colpo solo fa decollare la carriera di Star, il neonato network e il decadente impero Spelling. La stessa squadra sforna subito un altro mega hit, Melrose Place. La serie trae spunto dalle vicende personali di Star che, da aspirante sceneggiatore, viveva in un appartamento a Hollywood. Ma a prevalere sull'autobiografia è il marchio Spelling e c'è ben poco di reale negli intrighi del patinato condominio californiano.


Per qualcosa di genuinamente autobiografico, dobbiamo aspettare Grosse point, nel 2000, satira sulla vita dietro le quinte di un immaginario teendrama, ispirata proprio all'esperienza di Star sul set di 90210, di cui lo show nello show è la parodia. Stavolta la critica è entusiasta, ma gli ascolti bassissimi. Stessa sorte era toccata alla soap Central Park West, nel '95, 1° tentativo di affrancarsi da Fox e Spelling.


La piena affermazione autoriale arriva nel '98 con un telefilm destinato a dominare culturalmente la decade successiva: è Sex & the City, vita e amori di 4 single a Manhattan, che Star forgia basandosi sulla rubrica settimanale della giornalista Candace Bushnell. E' il suo più grande successo. L'unico a mettere d'accordo critica e pubblico. In 6 stagioni vince 8 Golden Globe (24 nomination) e 7 Emmy (50 nomination). Intramontabile fenomeno di costume, 10 anni dopo approda trionfalmente al grande schermo. Approfittando della maggiore libertà offerta dal canale via cavo HBO, Star crea uno show che parla di sesso senza tabù e moralismi, una rivoluzione nel mondo dei telefilm. Anche perché a parlarne, in dialoghi espliciti e dissacranti, sono le donne. Sotto il glamour delle serie precedenti, poi, ora c'è il realismo di personaggi in cui è possibile identificarsi. Un cocktail perfetto di commedia piccante, dramma sentimentale e satira sociale. Star rispolvera la stessa ricetta nel 2007 per Cashmere Mafia, proponendo un altro quartetto femminile a NY. Ma la magia non sembra ripetersi.

Conoscendo Star, aspettiamo di vedere cosa ha in serbo per rivoluzionare la prossima decade televisiva.


Occhio alla penna! David Shore

Pubblicato su Telefilm Magazine n° 40, maggio 2008, rubrica "Occhio alla penna"


Fin da bambino, David Shore ha sempre voluto fare... l'avvocato. Ma già all'università si accorge che la giurisprudenza “non è divertente” e per sfogare la sua innata vena comica trasforma la gazzetta di facoltà in un giornale satirico. Poi, un bel giorno, a 31 anni, prende una “stupida decisione” che cambierà per sempre la sua vita: lascia lo studio legale, salta in macchina e guida dal Canada a LA, per diventare sceneggiatore di sitcom. Piuttosto rischioso per un avvocato senza alcuna esperienza di scrittura. Ma David pensa che, in caso di fallimento, avrà un aneddoto simpatico da raccontare ai suoi clienti.


Inaspettatamente, il suo sogno si realizza... a metà. Shore diventa sceneggiatore ma scopre di essere più drammatico che comico. Entra nello staff creativo di Due poliziotti a Chicago. Da allora, grazie all'esperienza forense, si specializza in legal e polizieschi: scrive per NYPD e The practice; è sceneggiatore ed executive producer di Family Law, Hack e Law & Order, per cui riceve 2 nomination agli Emmy. Nel 2004 propone alla Fox uno strano poliziesco in cui il detective è un medico e i cattivi sono i germi. E' House M.D., un successo immediato e planetario. La serie è nominata 2 volte agli Emmy come Best Drama e ne vince uno per l'episodio “3 Stories” scritto proprio da Shore.


Curiosamente, quando il progetto riceve l'ok dal network, non ha ancora un protagonista. Shore però sa che, a differenza dei delinquenti, i germi non hanno motivazioni e sente il bisogno di dare spessore alla sua serie. Vuole renderla meno meccanicistica e più character-driven. Nasce così Gregory House, medico geniale e scorbutico, uno dei personaggi più popolari della TV. Attraverso di lui, Shore può finalmente esprimere la sua vena umoristica. Ma sopratutto può approfondire le tematiche sviluppate nei lavori precedenti. Perché, che trattino di poliziotti, avvocati o medici, c'è un filo conduttore nei suoi script: è la predilezione per le situazioni controverse, in cui non c'è un'unica e chiara soluzione ma sono i personaggi a dover scegliere, e affrontare le inevitabili conseguenze. In passato, a un fan che gli chiedeva come mai i protagonisti di Law & Order riuscissero sempre ad acciuffare i colpevoli, Shore rispose che non era vero, citando 3 episodi in cui si sbagliavano... non a caso, erano tutti scritti da lui. Ora, ci spiega che House non parla di medicina ma di filosofia: come tutti buoni telefilm, presenta dilemmi etici, personaggi che si chiedono cosa sia giusto e cosa sbagliato. “E' meglio essere una persona buona o avere ragione?”.

Risposte ai problemi della vita, # 14

"Every girl has to fall for a bad boy. It's the rule. It's the reason so many accountants eventually get married".

Lane Kim, Gilmore Girls

Saving Grace vs CSI


Oklahoma, scena del crimine. Il detective della polizia Grace Hanadarko e la criminologa Rhetta Rodriguez osservano le impronte sul terreno.

Grace: "Mmm... Puoi attribuire l'impronta di uno zoccolo ad un solo cavallo?"

Rhetta
: "Solo se gli Who suonano in sottofondo".

Grace: "E' un no?"

Rhetta: "E' un no".

Chuk & Grace. Loro non dormono. Aspettano.

Deve usare una controfigura nelle scene di pianto.
Può circondare i suoi nemici. Da solo.
Ha contato fino a infinito. Due volte.

E ora ha un'erede.


Chuck Norris alias Walker Texas Ranger (c'è differenza?) ha ora un'anima gemella. Uno spirito affine. E' Grace Hanadarko, interpretata da Holly Hunter, protagonista del serial Saving Grace.

Walker e Grace sono due valorosi paladini della legge, entrambi si battono contro il crimine e lo fanno lontano dalle mondane metropoli delle coste ma nelle sconfinate zone rurali dell'America profonda, quella più vera. Walker nel suo Texas, Grace nell'amata Oklahoma.

Sono due duri, due cowboy solitari, forti, decisi, testardi. Hanno metodi poco ortodossi e non esitano a infrangere le regole per far trionfare la giustizia.

Ognuno di loro ha un fedele aiutante, Walker ha Trivette e Grace ha Rhetta: validi colleghi sul lavoro soprattutto amici leali in grado di sopportare il loro comportamento da spiriti liberi e indomabili.

Entrambi hanno un mentore indiano, figura paterna e legame con le antiche tradizioni. Infusi di saggezza dei nativi americani, i nostri eroi vivono con intensità il rapporto con la loro terra e la rispettano. Concreti e diretti, preferiscono il cavallo all'auto, le indagini sul campo a quelle condotte al pc o in laboratorio.

Nessuno dei due si tira indietro davanti a una sana scazzottata. Sono tipi fisici, la loro migliore arma è il loro corpo. Walker dispensa con generosità i suoi famosi calci rotanti.
Grace le acrobazie preferisce farle tra le lenzuola.

Da ultimo, ma non meno importante, le loro avventure iniziano e finiscono al bar davanti a una birra.

Grace però ha un angelo custode che veglia su di lei.
Deve averglielo mandato Chuck.

Telefilm Festival. Il personalissimo palmarès della solita telespettatrice

Il Telefilm Festival non prevede un concorso. Senza nessuna competizione ufficiale, ogni spettatore è libero di proclamare per sé vincitori e sconfitti della rassegna...

Signore e signori, ecco il mio personalissimo palmarès.

OSCAR PER LA FOTOGRAFIA E LA SCENOGRAFIA: Pushing Daisies
Perché la necrofilia non è mai stata così attraente. Décor anni '50,
colori sgargianti, diners & cherry pie, lovers & lollypops.

LADY OSCAR PER LA SCENEGGIATURA ORIGINALE: Back to You
Ovvero The Sitcom is Back... ed è in gran forma. L
'immancabile laugh track a malapena riesce a tenere il ritmo frenetico delle battute.

PREMIO DELLA GIURIA ALLA TRAGRESSIONE
: Sarah Silverman
La nostra beniamina alle prese con sciroppi allucinogeni, barboni assassini, peti vaginali e altre amenità.

PALMA D'ORO DEL
TRASH: Unhitched
Perchè nei primi 3 minuti del pilot assistiamo a una rara scena di sodomia zoofila, precisamente ad opera di uno scimpanzè sul nostro protagonista. Seguono dettagli medici su lacerazioni e penetrazione. Chi ben comincia...

PARDO D'ORO DELLA COMICITA'
: Hidden Palms
... nel senso di comicità involontaria. Dopo Dawson's Creek, ancora un gruppetto di parrucconi egocentrici e logorroici per Kevin Williamson. Ancora il suo feticismo per biondini dalle pettinature improbabili.

LEONE D'ORO DELL'HORROR: Visitors
... nel senso di orrore involontario. Non bisognerebbe mai riguardare i miti dell'infanzia...

COPPA DEL NONNO: I Soprano
In occasione dell'uscita italiana del 1° cofanetto, eccoli per una volta sul grande schermo. Accompagnati da arancino e cheesecake, ricette Soprano doc, offerti dal Festival. Per il 2° cofanetto ci aspettiamo anche un bicchiere di vino.


GIARRETTIERA DI SETA: Californication
Impossibile resistere al fascino di questo show sexy, intelligente e romantico.

COUSCOUS DI PLATINO: Arab labor
Per guardare il Medio Oriente
con altri occhi, occhi da orientale. Commedia brillante sulla vita quotidina di una famiglia palestinese in Israele.

MENZIONE SPECIALE AI NERD: Chuck, Big bang theory, Aliens in America
Per la perseveranza di una categoria che ancora cerca la rivincita.

PREMIO "5° POTERE": Studio 60, Boris
La TV che parla di TV, con le giuste dosi di intelligenza, cattiveria e umorismo.

PREMIO SPECIALE "L'ETA' DELL'INNOCENZA": H2O
Per il candore delle protagoniste, ospiti del festival: due adolescenti alte 1 metro e 90 e vestite da sera. Per il pubblico in sala, età media 5 anni, che domandava alle star quale fosse il loro gusto di gelato preferito. Perché per una generazione di telespettatori le sirene non evocheranno tragici sacrifici d'amore.

PREMIO SPECIALE "LA FINE DELL'INNOCENZA": The Reaper
Il giorno del suo 21° compleanno, Sam scopre che i genitori hanno venduto la sua anima al diavolo. Welcome to the cruel world.

ORSO D'ORO PER LA COLONNA SONORA:
Hidden Palms
La musica? Ottima e abbondante. Perché lo show da il meglio quando i protagonisti non parlano.


NASTRO D'ARGENTO DELLA SFIGA: Big shots
4 uomini lamentosi e vittimisti giocano a fare Sex & the City al maschile. Perdono tutti.

OSCAR ALLA CARRIERA: I Simpson
Una selezione di 4 storici episodi. Visti e rivisti. E da rivedere. Ancora. Prima e dopo i pasti. Vi sentirete meglio.

Sicuramente ho dimenticato qualcosa... D'OH! Accolgo suggerimenti, obiezioni, discussioni.

Ugly Series La scoperta di una telespettatrice ingenua

Le risposte ai problemi della vita si trovano in TV... e a volte nei dibatittti sulla TV. Così è stato per me ieri: il dibattitto in questione apriva la 6° edizione del Telefilm Festival ed era dedicato alla produzione e la programmazione seriale in Italia.

Il mio problema, in realtà largamernte condiviso da tutti i telefili nostrani, era capire il perché dell'assurda, illogica, fastidiosa e, almeno apparentemente, insensata collocazione delle serie nei palinsesti rai e mediaset.
Perché programmare i nostri amati telefilm in orari improbabili, cambiare continuamente giorno e canale di messa in onda, fregarsene dell'ordine cronologico degli episodi?
La risposta di un dirigente Mediaset: perché non possono lamentarsi. Tutto qui. Elementare Watson.

Perché non ci avevo pensato prima?!

I telefilm ammericani, nonostante la loro presenza massiccia nella programmazione, sono in raltà l'ultima ruota del carro nelle nostre TV. Costano poco, molto meno che produrne di nostri; durano poco, sono quindi i tappabuchi universali, adatti a qualsiasi vuoto del palinsesto; soprattutto non avanzano pretese di visibilità né chiedono rispetto come attori, registi, produttori e conduttori delle trasmissioni made in Italy.

E noi che pensavamo che i telefilm.... Che ingenui!
Per noi sono bellissimi, per chi conta non valgono un granché. A casa sono i nostri prediletti, in ufficio sono i brutti anatroccoli.
Un po' quello che accade all'adorabile Betty Suarez.

Occhio alla penna! Josh Schwartz

Pubblicato su Telefilm Magazine n° 39, Aprile 2008, rubrica "Occhio alla penna".


Josh Schwartz ha sempre saputo cosa sarebbe diventato da grande: uno sceneggiatore. A 12 anni si abbona a Variety, a 21 vende il primo script alla Tristar, poi lascia la facoltà di cinema per Hollywood e... il resto è storia. Nel 2001, a soli 26 anni, crea The O.C. e rivoluziona il teendrama. Diventa il più giovane autore di una serie drammatica nella storia della TV USA. Il tutto senza avere un solo giorno di esperienza nello staff creativo di un telefilm. Josh, anche produttore esecutivo, scrive personalmente quasi tutti gli episodi della 1° stagione, fatica ricompensata dal successo planetario della serie. Nel 2007 conferma la speciale sensibilità per l'universo adolescenziale con Gossip Girl, che adatta da una collana di romanzi. Infaticabile, negli stessi mesi debutta con la spy-comedy Chuck, ed è un altro successo.


I TEEN. Con O.C. Schwartz muove guerra alle regole obsolete del teendrama. Usa la “strategia del cavallo di Troia”: conquista la Fox con un pilota all'insegna di sfilate di moda, falò sulla spiaggia, tramonti e bikini; ma sotto la superficie patinata stile Beverly Hills 90210 c'è in realtà uno show più profondo e anticonformista. A fare la differenza, i personaggi, autentici e in continua evoluzione: sono loro i guerrieri nascosti nel cavallo. Ispirandosi a Cameron Crowe e Nick Hornby, costruisce intorno a loro credibili e avvincenti relazioni in grado di attirare anche il pubblico maschile. I dialoghi scritti da un ventiseienne, poi, suonano veri e non artificiosamente giovani. La strada per GG è già spianata.


I GRANDI. Se Josh è abbastanza giovane da ricordare sentimenti e slang da teenager, è anche abbastanza cresciuto da capire che la vita dei genitori può essere altrettanto interessante, leggi incasinata, di quella dei loro figli. Nei suoi teendrama i genitori non sono i soliti moralisti asessuati, sempre pronti a predicare. Le loro vicende si intrecciano naturalmente con quelle dei giovani protagonisti. E conquistano anche il pubblico adulto.


I GEEK. Ogni autore racconta qualcosa di sé attraverso i suoi personaggi. Schwartz, il ragazzo prodigio, l'adolescente ebreo solitario e secchione, l'eastcoaster spaesato tra la fotogenica fauna universitaria del Sud California, lo ha fatto soprattutto attraverso quell'adorabile sfigato di Seth Coehn, il vero outsider di O.C. Ora il testimone sembra passato al timido Chuck Bartowsky, mago dei pc e spia per caso, un'altro irresistibile geek destinato a grandi cose.


Il Buono, il Brutto, il Cattivo. La nuova squadra del Dottor Casa

Les jeux sont faits. Rien ne va plus.
E' uscito il 13. Seguito da Kutner e Taub. Ha perso chi aveva puntato su La Sexy Dottoressa e La Bastarda Tagliagole.

Peccato per Tagliagole, aveva iniziato a piacermi. Ma la serie non aveva bisogno di un altro personaggio scostante e spregiudicato, avrebbe tolto importanza a Il Grande Bastardo che noi tutti amiamo (uno spinoff per lei magari? fiiico...).
13 invece ricopre a perfezione il ruolo lasciato vacante da Cameron: La Buona.
La migliore spalla possibile per House, l'idealista in grado di far risaltare il suo cinismo.
Accanto a lei, Kutner e Taub, Il Brutto e Il Cattivo, uno pasticcione e l'altro scaltro, ma tutt'altro che monolitici, abbastanza imprevedibili e ben assortiti come lo erano Chase e Foreman.

A questo punto, che ruolo è rimasto per Foreman? Per ora, quello della comparsa di lusso. Passa, sempre elegantissimo, con cravatte dai colori improbabili, dice un paio di battute con sguardo ammiccante, poi sparisce. Forse fa il testimonial per qualche griffe.

Risposte ai problemi della vita, # 13

"Cosa sarebbe la vita, senza la possibilità di fare scelte stupide?"

Gregory House, House M. D

Occhio alla penna! Shonda Rhimes


Pubblicato su telefilm Magazine n°38, Marzo 2008. Rubrica: Occhio alla penna.

Shonda Rhimes, classe 1970, ha scritto solo due commedie per il cinema (Principe azzurro cercasi con Anne Hathaway e Crossroads con Britney Spears) quando adotta una bambina: costretta a casa, riscopre la TV e rimane stregata da Felicity e Buffy. E' allora che decide di scrivere telefilm che possano avere lo stesso magico effetto sulla gente. A 5 anni, raccontava al registratore storie che la mamma poi trascriveva per lei; trent'anni dopo, le sue parole sarebbero state ascoltate da milioni di persone in una sola sera, quella del debutto in TV del suo show: Grey's Anatomy. La sua vita cambia per sempre. Da mamma single e scrittrice independente, Shonda diventa autrice ed executive producer di un telefilm di culto, la guida creativa di un team di 200 persone. E' la 1° donna nera a raggiungere questa posizione e la serie si distingue per il cast multietnico. L'anno dopo vince un Golden Globe per Best Drama. Nel 2007 bissa il successo di Grey's con lo spinoff Private Practice.


LA VISIONE. Il metodo creativo di Rhimes è “image-driven”: nasce da un'immagine evocativa, una scena che coinvolge un personaggio e che improvvisamente le appare vivida nella mente. Può essere l'inizio di un plot, il punto di svolta, il finale. Lei scrive la storia intorno a quell'immagine, in funzione di quel momento. Questo vale per la costruzione di un episodio, una stagione, persino l'arco dell'intera serie. Shonda infatti dichiara di avere da sempre chiarissima in mente l'immagine finale di Grey's.


LA SCRITTURA. L'autrice delinea l'arco narrativo dei protagonisti per l'intera stagione. Poi passa settimane nella writers room per guidare il suo team (12 sceneggiatori, selezionati da lei). Quindi revisiona la 2° e la 3° stesura di ogni script, attenta che ogni minimo dettaglio sia fedele alla sua visione dei personaggi. Infine dà gli ultimi, magici ritocchi prima di consegnarlo agli attori.


LA MUSICA. La musica ha un ruolo chiave nelle sue creazioni. A casa, Shonda preparava per sé la playlist più appropriata a ogni script cui si dedicava. Ora, tutte le canzoni dei suoi show sono scelte da lei.


I PERSONAGGI. C'è qualcosa di Rhimes in ognuno dei suoi personaggi, per questo ne è così gelosa. “Meredith sono io”: è quella che dà voce ai suoi pensieri più intimi. Ma le appartengono anche la schiettezza della Bayleys o le nevrosi di George. Ora il suo nuovo alter ego è Addison: una donna adulta che ha già ottenuto il successo nel lavoro ma, come Shonda, ancora cerca il suo Principe Azzurro.

Risposte ai problemi della vita, # 12

"I don't think I've ever been to an appointment in my life where I wanted the other guy to show up".

George Costanza, Seinfeld

La vita, lo squalo e tutto quanto. Memorie e delirio della solita telespettatrice


Stamattina facendo colazione davanti a Happy Days ho rivisto la famosa scena del salto dello squalo, la prodezza acrobatica di Fonzie che anni dopo sarebbe diventata sinonimo di decadimento di un telefilm-perdita di credibilità-inizio parabola discendente.

Scena che mi era rimasta impressa da quando,
piccolissima, l'avevo vista la prima volta... ma per la ragione opposta: "WOW! Fonzie è così fico che salta uno squalo!".
Ma anche a 5 anni mi ero resa conto che qualcosa in quel telefilm non andava più, perché un paio di scene dopo Richie rifiuta un ingaggio a Hollywood per andare all'Università... Ah!
Vabbè lo squalo, ma questa non se la beve neanche un bambino.
Non solo: Richie è incoraggiato a questa scelta nientemeno che da Fonzie che dopo il salto non è più lo stesso e infatti di lì a poco si riduce a fare il papà moralista di Chachi -
l'outsider è integrato, il sistema colpisce ancora.

Insomma, mi sa che da piccola avevo già capito le cose che contano nella vita... e nella finzione. Cosa è accettabile e cosa non lo è.
Saltare uno squalo? Se po' ffa. Rifiutare fama e ricchezza nello showbusiness? Non prendeteci in giro (almeno non voi: sceneggiatori, attori e producer di Hollywood).

Chiudo quindi con alcune parole di saggezza, parafrasando (nientemeno che) il Vangelo, con la celebre parabola del cammello e della cruna dell'ago:
"E' più facile che un Fonzie salti uno squalo che un ragazzo rifiuti un ingaggio a Hollywood". Amen.