Poliziotti su marte. Riflessioni di una telespettatrice nostalgica


Guardare Life on Mars è un po' come rivedere Starsky & Hutch. E non solo per le auto color ruggine e i colletti a punta.
LOM Riporta alla mente ricordi sbiaditi (o arrugginiti ha-ha) di telefilm in cui i poliziotti indagavano, pedinavano, inseguivano, interrogavano e alla fine acciuffavano il colpevole grazie al loro intuito.
Telefilm in cui i poliziotti non erano scienziati, patologi, psichiatri, ematologi, geni matematici, medium o serial killer (!) ma soltanto, appunto, poliziotti. Una condizione un tempo sufficiente a garantire, da sola, la soluzione del caso e l'ammirazione degli spettatori.
Poi sono arrivati Horatio Caine, Jason Gideon, Charles Eppes, Allison DuBois...

Ma grazie a Life on Mars, sappiamo che è ancora possibile per un cop show uscire dalla logica dell'iperspecializzazione o da quella del freak show...
... a patto di viaggiare indietro nel tempo di 30 anni!
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Eh sì, niente si abbina al fiuto poliziesco meglio dei pantaloni a zampa.
Il misterioso viaggio temporale dell'ispettore Tyler è l'escamotage per riproporre, oggi, in modo credibile, un tipo di poliziotto anacronistico. Uno che sa fare a meno di analisi del DNA, database onniscenti, telecamere a circuito chiuso e sofisticati corsi di specializzazione. Diamine, Sam Tyler e Gene Hunt non possono contare neanche sul computer!
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Finora solo Walker Texas Ranger aveva osato tanto.
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(... ma senza bisogno di viaggiare nel tempo. Perché Chuck Norris può fermare il tempo. O meglio, come tutti sanno: è il tempo che, quando vede Chuck Norris, preferisce fermarsi)

Erano tutti happy days... Luk è alla radio con i telefilm della nostra infanzia


Tutti quelli che sono cresciuti davanti ai telefilm...
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Quelli che hanno imparato il codice della strada con i CHIPS,
e hanno ricevuto la loro educazione sessuale da 3 cuori in affitto
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Quelli che imitavano la camminata di George Jefferson
i gesti cool di Fonzie
il saluto di Mork
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Quelli che sognando Hazzard hanno provato a entrare nell'auto dei genitori passando dal finestrino
e ogni tanto provano ancora a cambiare la realtà incrociando le braccia e sbattendo le palpebre come Jeannie
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... tutti quelli, insomma, che quando nessuno li guarda corrono ad abbracciare il televisore come Homer
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ora possono risvegliare gli happy days della loro infanzia teledipendente ascoltando riflessioni e ricordi della sottoscritta in un programma dedicato ai telefilm più memorabili degli anni '70 e '80: è "Va ora in onda", ogni giovedì mattina sulla Radio Svizzera.
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La voce flautata che interloquisce con me è quella di Elisa Manca, telefila doc, che non ringrazierò mai abbastanza per la sua bella iniziativa e per aver pensato a me.

Ecco il link per il podcast:
http://www.rsi.ch/podcast/

Buon ascolto!
E nano nano a tutti ;-)

Risposte ai problemi della vita, # 19

"E' strano vedere una tua creatura che si aggira per il mondo. Una versione mutante di te stesso, senza controllo e pronta a distruggere tutto quello che incontra. Mi chiedo se è così che si sente un genitore".

Dexter Morgan, Dexter

Girl Power. Sfida immaginaria tra Lena Headley e Tina Fey



Pubblicato su Telefilm Magazine n° 48, febbraio 2009


Sono due tipe toste, tenaci.
Si sono cimentate in settori tradizionalmente riservati agli uomini, e ne sono uscite vincitrici.
Sono due bellissime donne, ma quando sono in azione non è la prima cosa che si nota di loro.
Una è tatuata come uno scaricatore di porto tailandese, l'altra, per esigenze di copione, è nascosta dentro orribili golf sformati.
Sono Lena Headley e Tina Fey, le due attrici più originali del momento.

Una tira di boxe, cavalca e scocca frecce con l’arco come un’amazzone; ha fatto di esplosioni, inseguimenti, lanciarazzi e scazzottate il suo pane quotidiano.
L’altra ha raccolto sfide altrettanto dure, riuscendo dove grandi uomini hanno fallito: strappare ai telespettatori mezz’ora di risate ogni settimana.

Lena si è imposta all'attenzione del pubblico interpretando la regina Gorgo in 300, unica, magnetica presenza femminile in un film tutto al testosterone.

Tina ha imparato l'arte della risata dai più grandi comici americani ed è diventata la prima, e tuttora l'unica, head writer donna del Saturday Night Live.
Ora sono le protagoniste di due telefilm seguitissimi.


Lena Headley è Sarah Connor nello show TV tratto dalla saga di Terminator: un personaggio di grande forza e carattere, un mito degli anni '80, uno dei primi esemplari di eroine femminili di film d'azione. Una donna dal carattere di ferro e dai muscoli d'acciaio. Perfettamente a suo agio con un mitra sotto il braccio. Una madre coraggio pronta a tutto per salvare il figlio da cui dipendono le sorti del mondo. L'attrice inglese lo interpreta con talento, passione e la grinta che si addice a un'eroina così speciale. Ma soprattutto con il coraggio di chi osa affrontare nemici più temibili degli endoscheletri... loro sono spietati, non si fermano davanti a nulla: sono i fan della saga cinematografica e sono pronti a uccidere chiunque “profani” il personaggio reso grande da Linda Hamilton.


Tina Fey è Liz Lemon, antieroina di 30 rock, lo show da lei stessa creato. Liz è un personaggio autobiografico, la geniale e nevrotica head writer di un comedy show televisivo. Ogni giorno deve affrontare un capo imprevedibile e un team di scrittori infantili e strafottenti. Un ambiente in cui l’umorismo è tagliente e non risparmia nessuno: “Per far ridere il pubblico, vesti un uomo da vecchietta e lo fai cadere giù dalle scale; per far ridere un commediografo, fai cadere una vera vecchietta giù dalle scale”. Anche lei è l'unica donna in mezzo a tanti uomini, ma Tina-Liz ha qualcosa che la avvicina ai suoi colleghi maschi, qualcosa che trascende il genere: è una nerd come loro. Un tipo cervellotico e fuori moda. E con un senso dell'umorismo micidiale. Questa è la sua unica arma. Magari non basterebbe contro un Terminator, ma può essere molto potente... chiedetelo a Sarah Palin, ex candidata alla vicepresidenza americana, l'ultimo bersaglio delle sue esilaranti imitazioni. Tina è anche un'autrice e questo le dà sicuramente un vantaggio: si scrive da sola le sceneggiature e non deve faticare ad afferrare tutti quegli assurdi paradossi temporali che tormentano la Headley!


Insomma, stiamo parlando di due attrici fuori dal comune, due dive che non hanno paura di andare controcorrente rispetto ai canoni hollywoodiani per dare prova delle loro capacità e del loro speciale talento. Perché Lena e Tina sono in missione per conto di Dio. Lena nei panni di Sarah Connor ha un compito ambizioso davanti a sé: salvare il mondo dai Terminator. Tina alias Liz Lemon la sua missione impossibile l'ha già compiuta: ha salvato la sitcom. Per questo sarà sempre la mia eroina.

Risposte ai problemi della vita, # 18

"Non bevo nei giorni di festa. E' da dilettanti!"

Karen Walker, Will & Grace

Occhio alla penna! Tom Kapinos

Pubblicato su telefilm Magazine n° 48, febbraio 2009, rubrica "Occhio alla penna".

Nel 2007 un nuovo nome si è aggiunto all’olimpo dei creatori di telefilm: è Tom Kapinos, il giovane autore di Californication.

La sua serie parte da uno spunto autobiografico e nasce dal bisogno di raccontare il suo rapporto di amore e odio con Hollywood. Il modo migliore per conoscere Tom Kapinos è, allora, attraverso il suo alter ego Hank Moody, lo scrittore protagonista di Californication. Un personaggio creato a sua immagine e somiglianza, identico a lui in tutto… a parte la vita sessuale: quella, ammette Tom, è solo una proiezione delle sue fantasie più selvagge.

Hank è un romanziere di talento che lascia la Grande Mela per seguire il richiamo di Hollywood. Quando il suo libro diventa un insulso, zuccheroso ma popolarissimo film, Hank ottiene il successo che sognava, ma per il motivo sbagliato. Precipita quindi in una spirale d’insoddisfazione e cinismo. Una situazione che rispecchia il vissuto di Kapinos: anche a lui la città degli angeli ha stravolto la vita. Arrivato da New York con grandi ambizioni, entra poco dopo nel team di Dawson Creek. Un debutto folgorante, ma lo show è agli antipodi della sua sensibilità e Tom si adegua con una certa sofferenza. Di qui l’ambiguo rapporto con LA, ben illustrato attraverso il suo doppio. L’odio viscerale per una città falsa e superficiale coesiste con il fascino del mito tutto americano dell’andare a ovest per cercare fortuna. Tom ed Hank l’hanno trovata. Ed è la loro condanna. Come Hank, Tom non sa resistere al canto delle sirene di Hollywood. Accetta soldi e fama, ma finisce per odiare se stesso. La situazione di stallo in cui si dibatte Hank nel telefilm riecheggia allora la crisi creativa attraversata dallo sceneggiatore dopo Dawson.

Finché, per esorcizzare i suoi demoni, Tom inizia a comporre uno script su un romanziere col blocco creativo. Sta infrangendo una vecchia regola: mai scrivere di scrittori, meno che mai di scrittori in crisi. Ma a Tom non importa. E’ solo un esercizio per riprendere il ritmo. Già che c’è, si diverte a infrangere altre regole, inserendo, nei primi 2 minuti, una scena di sesso orale in chiesa con una suora. Ci prende gusto e decide che quello script convincerà tutti che lui non è più il tipo alla Dawson Creek. Vuole dare una svolta alla sua carriera e Californication è il suo biglietto da visita. Inaspettatamente, Showtime si dichiara interessata a trarne davvero una serie. Le tribolazioni di Tom Kapinos sono finite. Iniziano quelle di Hank Moody.

“Quando guardi dentro te stesso e scrivi qualcosa di veramente personale” spiega Kapinos “qualcosa che solo tu potevi scrivere, il resto del mondo lo sente”.

Pro Whedon. La parola alla difesa


Pubblicato su Telefilm Magazine n° 47, gennaio 2009, a conclusione del lungo dibattito su meriti e demeriti di Joss Whedon promosso dai lettori della rivista

Signori della Giuria, sono state dette molte cose contro mio cliente, tirando in ballo la scarsa riuscita del suo primo film e gli ascolti non sempre alti delle sue serie.

Ma un autore non si giudica dalla sua opera peggiore, altrimenti Steaven Spielberg sarebbe solo il mediocre regista di AI. Un autore non si giudica neanche dal calcolo matematico di successi e insuccessi, altrimenti Orson Welles sarebbe semplicemente un fallito.
Un autore, Signori, vale quanto quello che ha lasciato nell'immaginario collettivo. Per questo, Spielberg sarà sempre ricordato come il geniale papà di ET e Indiana Jones, Welles come l'inventore di Citizen Kane e il nostro Joss Whedon come il creatore del Buffyverse.


Whedon ha saputo costruire un mondo ricco di personaggi sfaccettati e in continua evoluzione, legati da relazioni profonde e mutevoli, in cui i confini tra bene e male non sono invalicabili. Un mondo complesso e coerente, capace di vivere anche senza la sua eroina e di migrare in altri media.
Ha creato una protagonista femminile forte, allontanandosi dagli stereotipi sessisti ancora diffusi in cinema e TV, soprattutto nell'horror.
Buffy e il suo mondo hanno conquistato milioni di fan e, come Harry Potter, non saranno dimenticati ora che si è conclusa la loro saga.

Anche perché lasciano un'importante eredità: il rinnovamento dei generi horror e teendrama. Come e più di Kevin Williamson con Scream e Dawson creek, Whedon ha creato l'horror postmoderno e il teendrama postmoderno, uniti in un unico telefilm.

Per questo, Signori della giuria, chiedo di prosciogliere il Signor Whedon da ogni accusa.

Occhio alla penna! Alan Ball


Pubblicato su Telefilm Magazine n° 47, gennaio 2009, rubrica "Occhio alla penna"

Dalla sitcom all’Oscar, dal dramma familiare all'horror, la carriera di Alan Ball è eclettica e imprevedibile. Le sue scelte, come le sue storie, rispecchiano “la complessità della vita” che Ball si ostina a rappresentare all’interno di “un’industria culturale che tende alla semplificazione”.

Laureato in teatro, Ball sogna Broadway ma finisce a Hollywood. Un producer, colpito dai suoi lavori per la scena off di NY, gli propone di scrivere per la TV. E' così che Alan diventa sceneggiatore di sitcom. Scrive per Grace under fire (1994-95) e Cybill (1996–98). Crea Oh, grow up (1999), ispirata ai suoi trascorsi da commediografo squattrinato in uno sgangherato appartamento condiviso di Brooklyn; la sitcom però ha bassi ascolti ed è cancellata a metà stagione.

Quattro anni e molti episodi dopo, Alan è uno scrittore frustrato dalla routine, dai limiti del format, dalla mancanza di controllo sui suoi testi. Si sente “un operaio della sceneggiatura” e ha bisogno di nuovi stimoli.

Punta al cinema e ritrova la passione: scrive ogni notte, dopo il lavoro da “operaio”, una storia in cui sfoga attraverso il protagonista tutta la sua frustrazione. E' American beauty (1999) che diventa un film di successo e lo ripaga con un Oscar per la sceneggiatura.

Grazie a HBO e alla sua tradizione di qualità, Alan si riconcilia con la TV. Scrive, produce e spesso dirige Six feet under (2001-05), dramma corale sulle vicende di una famiglia proprietaria di un'impresa di pompe funebri. Lo show va avanti per 5 stagioni, vince 6 Emmy e 2 Golden Globe, lanciando gli attori protagonisti e la carriera di regista di Ball, più volte premiato per la sua direzione. Infine nel 2008 crea l'accattivante True blood, serial sexy e sanguinoso tratto da una serie di romanzi sui vampiri.

Al centro dei due macabri telefilm, seppur esplorato da angolazioni diversissime, è il rapporto dei personaggi con la morte. L’ossessione dell’autore ha radici profonde: da bambino Alan ha visto morire la sorella in un incidente d'auto. Da allora, spiega, la morte è una presenza costante nella sua vita, lo accompagna in ogni stanza. E in ogni sua creazione.

Il suo approccio alla scrittura è istintivo. Dotato di un innato senso della struttura, Ball lascia che la trama si sveli a lui poco a poco, accogliendo via via le intuizioni che sente più efficaci. Non delinea a priori l'outline della stagione o le modifiche ai romanzi. Sarebbe un limite al “viaggio di scoperta” che è imprevedibile ed è “l’aspetto più emozionante del processo di scrittura”. Lo svelarsi della storia è un'esperienza quasi mistica.

Occhio alla penna! Tina Fey


Pubblicato su Telefilm Magazine n° 46, dicembre 2008, rubrica "Occhio alla penna"

Scrive, recita, produce. Dalla sua fantasia sono nati sketch, film, telefilm. Tutti all'insegna della risata. E' una delle poche donne a cimentarsi in un terreno di gioco prevalentemente maschile: la comicità. Parliamo di Tina Fey, trentottenne regina della commedia televisiva made in USA e trionfatrice degli ultimi Emmy e Golden Globe.

Tina ha ben chiaro fin da adolescente qual'è il suo talento: lo humour. Così, studia recitazione e si trasferisce a Chicago determinata a lavorare in Second City, vera istituzione della comicità americana; lì hanno iniziato i più grandi, da John Belushi a Bill Murray a Steve Carell. Missione compiuta: dopo un anno di apprendistato intensivo, la giovane Tina entra a far parte dello show e vi recita dal '94 al '97. Alla scuola di Second City impara l'improvvisazione ovvero l'arte di coniugare attore e autore nella medesima persona. Scopre così di avere una marcia in più: la scrittura.

Debutta nel cinema scrivendo la sceneggiatura di Mean girls (2004), la commedia che fa di Lindsay Loahn una star.

Come per molti suoi celebri predecessori, lo show di Chicago si rivela un trampolino di lancio per il più popolare Saturday Night Life. Tina vi entra in veste di sceneggiatrice. Dopo due anni diventa head writer nonché parte del cast. E' la prima donna a ricoprire questo ruolo e grazie a lei il programma rinasce dopo un lungo periodo di decadenza.

Nel 2005 diventa mamma ma dopo appena un mese torna a lavorare ai suoi sketch perché ha “un contratto da rispettare con la NBC mentre con la bambina c'è solo un accordo verbale”. E poi commedia e maternità si somigliano: “entrambe prevedono un travaglio doloroso per arrivare a un sollievo finale”.

L'anno dopo crea per la stessa rete 30 Rock (2006-08), una sitcom basata proprio sulle sue precedenti esperienze televisive. La protagonista, interpretata dalla stessa Tina, è l'head writer di un TV show della NBC, alle prese con un boss invadente (Alec Baldwin), un cast capriccioso e uno strambo team di scrittori. 30 Rock è accolta con entusiasmo dalla critica, colleziona premi, ma non ottiene mai grandi risultati di ascolto. Nel ritirare l'ennesimo Emmy, l'autrice ringrazia ironicamente “le dozzine e dozzine di fan dello show”. Che resiste tuttora in onda alla sua 3° stagione.

Il grande pubblico arriva per Tina durante gli ultimi mesi della campagna presidenziale del 2008: tornata per l'occasione a collaborare con i vecchi amici del SNL, allieta mezza America con le sue esilaranti imitazioni della repubblicana Sarah Palin.